La battaglia di Trafalgar: Horatio Nelson - Schegge del Sapere

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La battaglia di Trafalgar: Horatio Nelson

Storia
La battaglia di Trafalgar
Horatio Nelson e la svolta nella guerra navale

Tra gli ultimi anni del XVIII Secolo ed i primi del XIX i mari videro cruenti scontri navali per la conquista dell'egemonia tra le grandi flotte che appartennero soprattutto alle Marine britanniche, francesi e spagnole.
Altre Marine ebbero ruoli di rilievo, come la Portoghese, l'Italiana e l'Americana, che però non ebbero pertinenza con i fatti accaduti a Trafalgar.
L'Ammiraglio Horatio Nelson fu un eccezionale combattente e marinaio, eroe della battaglia del Nilo ad Abukir, e pur essendo idolatrato dall'opinione pubblica in patria, fu sempre inviso alla Corona ed a gran parte dell'Ammiragliato britannico.
Invidie, certe sue insubordinazioni mai accettate, strategie a volte discutibili ma che per lo più la storia decretò come vincenti ed assolutamente innovative, ma soprattutto la condotta della propria vita privata portarono un sorta di ombra sui suoi grandi meriti militari.
Nelson ebbe importante parte attiva anche nella campagna di Napoli e del Regno delle due Sicilie, precedenti agli accadimenti della battaglia di Trafalgar.
Conobbe in quelle occasioni Sir Hamilton, ma soprattutto Milady Hamilton, la molto più giovane moglie dell'Ambasciatore locale.
La relazione che intrecciò con questa donna, moglie di un uomo sostanzialmente più compiacente che miope di questa tresca amorosa, fu sempre molto mal vista in patria.
Proprio nella campagna di Napoli Nelson si macchiò inoltre di un crimine, che ancor oggi è al centro di accese dispute tra gli esperti di marineria e di militarismo e gli storici in genere, ai danni dell'Ammiraglio napoletano Francesco Caracciolo, persona di grandi doti morali nonché ufficiale di valore e di prestigio.
L'Ammiraglio Caracciolo, ufficiale al servizio della Regia Marina del Re di Napoli, si dimostrò assai valente quanto immotivatamente mal apprezzato da parte della Marina britannica alleata del Regno borbonico, ed in particolar modo da Nelson, così come anche inspiegabilmente dal proprio Re Ferdinando IV di Borbone, ciò durante il periodo in cui li servì con dedizione e fedeltà.
Successivamente, scortato il Re Ferdinando in fuga dai francesi a Palermo, rientrò a Napoli per proprie faccende.
In quella occasione ricevette tributi ai quali non era abituato, pur meritandoli a pieno titolo per i propri trascorsi marinareschi.
Sedotto sia dalla situazione, che vedeva il ritorno dei francesi, che dalle lusinghe del popolo, si rivoltò contro gli inglesi e combatté con risultati assai superiori rispetto ai mezzi a disposizione sproporzionatamente inferiori ai bastimenti britannici.
Ma la disfatta era già destinata al nascere della sommossa.
Catturato pochi giorni dopo i fatti dalle truppe britanniche, venne immediatamente mandato da Nelson alla forca, ignorando che avrebbe dovuto avere salva la vita in base ai patti di capitolazione e resa trasmessi dal Cardinale Ruffo.
Venne impiccato in un alto pennone di una delle navi alla fonda dinnanzi a Napoli, e lì lasciato a monito di tutti per due giorni.
Dopo due giorni il cappio si ruppe, ed il corpo cadde e si perse in mare per alcuni giorni, fino poi a riaffiorare.
Si riporta, forse più per leggenda che per verità, che il corpo dell'Ammiraglio Caracciolo quando riemerse, spaventosamente corrotto pur dalla breve permanenza in acqua, fu proprio sotto la chiglia della nave ammiraglia di Nelson, dove in quei momenti erano presenti il suo Re Ferdinando IV di Borbone, nonché Sir e Milady Hamilton.  
È da evidenziare che le regole di marineria avrebbero richiesto, piuttosto, la più nobile morte per fucilazione, che gli fu negata con un inutile quanto ingiustificato accanimento personale di Nelson.
L'Ammiraglio britannico fece eseguire la sentenza a morte per impiccagione, come era consuetudine fare non ai marinai ed agli ufficiali di una forza nemica, bensì ai pirati ed ai traditori.
Fu oltretutto una umiliazione che un Ammiraglio di prestigio come Nelson, ed una forza preponderante come la Marina britannica, non avrebbero mai dovuto riservare ad alcun nemico.
Per l'inutile ed ingiustificata esecuzione dell'Ammiraglio Caracciolo, l'Ammiraglio Nelson porta ancora oggi questa grande onta sulle proprie capacità militari nonché personali.
Era in occasioni come quelle dei fatti di Napoli, che Nelson era consueto pronunciare minacce quali di radere al suolo completamente la città a forza di bordate di cannoni delle proprie navi, se non avesse ottenuto quanto ordinato.  
In ogni caso, la supremazia dei mari soprattutto europei era appannaggio della Marina francese e britannica, nonché spagnola.
La Marina spagnola disponeva di navi eccezionalmente armate, ma mal governate da marinai inesperti e con cannonieri novizi.
La Marina francese poteva contare su un elevato numero di unità navali, molto ben armate, anche se per lo più la maggioranza di queste era frazionata su rotte lontane, prossime alle colonie.
La Marina britannica, per contro, poteva vantare una preparazione ed una motivazione dei propri ufficiali e dei marinai assolutamente irraggiungibile da parte di quella francese e spagnola.
Con la Rivoluzione, la flotta francese perse molti dei propri valenti Ammiragli, falcidiati a favore di nuovi ufficiali graditi in patria per lo più per motivazioni politiche che non di merito, ed in molti casi dalla dubbia capacità e dalla scarsa esperienza.
Altrettanto infelice era la situazione dei marinai ed in genere del personale di bordo.
Basti pensare, ad esempio, che il corpo di artiglieria di Marina francese fu sciolto nel 1793, ed improvvidamente sostituito da artiglieri di terra.
Per quanto simili le armi delle due artiglierie, quella di mare in confronto a quella di terra richiedeva specifiche e soprattutto esperienze ed anche malizie che non erano comuni agli addetti dei pezzi terrestri.
Al contrario la Marina britannica poteva vantare quanto di meglio in merito alla motivazione, preparazione, esperienza sia da parte di tutto il ramo ufficiali, che vantava considerevole capacità dimostrata proprio in azioni di guerra, nonché da tutto il personale di bordo.
I marinai inglesi erano per lo più volontari o comunque avevano già navigato in bastimenti mercantili, ed in generale la Marina britannica vantava grande esperienza maturata nella "corsa", ovvero quella pratica che gli inglesi definivano come la "gloriosa tradizione", ma che in realtà era anche originaria dalla pirateria autorizzata dalla Corona, definita appunto in "guerra da corsa".
L'abilità di fuoco dei cannonieri britannici era elevata, addirittura impareggiabile.
La cadenza di fuoco di una nave  da 74 cannoni francese era equiparabile a quella di una nave britannica  da un minor numero di pezzi, questo perché a parità di tempo gli addetti  ai cannoni inglesi erano in grado di caricare e fare fuoco una seconda  volta, allorquando i bastimenti francesi non avevano ancora portato a  compimento la fase necessaria per la seconda carica.
Presumibilmente anche per la consapevolezza di ciò, le tattiche di guerra navale inglesi erano impostate per la ricerca della massima manovrabilità ed a favore dell'attacco, che avveniva se possibile sempre sopravvento, mentre quelle francesi prediligevano l'approccio sottovento,
precludendo pesantemente le possibilità di una vittoria, ma consentendo in caso di fuga di poter disporre al meglio le vele per raggiungere una maggiore velocità.
Infatti, ai bastimenti francesi  era sempre necessario attendere le mosse di quelli inglesi, in quanto la  disposizione sottovento obbligava a recitare più che altro una parte  passiva, mentre quella attiva era appannaggio degli inglesi.
Inoltre dall'Ammiragliato  britannico venivano imposte delle regole di ingaggio più premianti per  una potenziale vittoria rispetto a non quanto fosse disposto ai  bastimenti francesi.
Questi ultimi miravano le bordate dei propri  cannoni soprattutto alle alberature, cercando di lasciare intatti gli  scafi all'insegna della massima probabilità di recupero della nave  sconfitta, mentre gli inglesi al contrario miravano ai ponti di manovra  dell'equipaggio, con l'intento prioritario dell'eliminazione dello  stesso, e subordinatamente alla linea di galleggiamento per  eventualmente affondare la nave stessa.
Le navi nemiche che si scontravano con quelle britanniche risultavano devastate, con i ponti colmi dei corpi dei marinai ed ufficiali decapitati e smembrati.
Va tuttavia ricordato che tutto l'organico di bordo delle navi da guerra inglesi, una volta dichiarata bottino di guerra una nave nemica, poteva vantare per il proprio quadro di comando, nonché per tutti i marinai, in percentuali diverse, un ricco dividendo in relazione anche al valore del bastimento catturato, che quindi veniva a tutti gli effetti subito messo a disposizione della Marina britannica come nave propria.
Ciò pertanto permette di comprendere che l'affondamento era di norma una "estrema ratio" alla quale arrivare solo in casi estremi.
Ma non nel caso della battaglia di Trafalgar.
Nelson voleva, pretendeva,  l'annientamento totale del nemico.
Ed in forza di ciò, avrebbe utilizzato una tattica che gli storici definiscono "ship killing from the windward", uno sterminio di navi in manovra controvento.
Le tattiche di guerra navale britannica hanno prodotto grandi perdite umane ai propri avversari.
Le tattiche di ingaggio tra i bastimenti, per altro, erano comuni a tutte le marinerie.
Che fossero i britannici, i francesi od i loro alleati spagnoli, per tutti fino all'avvento di Nelson nello scontro di Trafalgar, la tattica di ingaggio tra i bastimenti era una tecnica complessa e noiosa, più che una vera e propria strategia.
Trafalgar, angusto ed inabitabile scoglio roccioso al largo della costa occidentale della Spagna non troppo lontano dal Portogallo, antistante a quella che ai giorni nostri viene giustamente decretata una gradevole località turistica, chiamata Conil de la Frontera, posta quasi all'estremità della famosa regione denominata Andalusia.
Le navi si disponevano in fila, l'una dietro all'altra quelle della stessa flotta, fino ad essere parallele con i bastimenti della flotta avversaria.
Solo in quel momento veniva dato l'ordine di aprire il fuoco, con una sorta di precedenza al primo dei vascelli della fila, detti tutti appunto di linea, proprio perché disposti tra loro in perfetta linea di fuoco con una delle proprie fiancate rivolte a quelle dei bastimenti nemici, che li attendevano in analoga posizione.
Esaurite le bordate della prima nave, aprivano il fuoco la seconda e così via.
È ovvio pensare la laboriosità di tale manovra, con a volte avverse condizioni climatiche da mettere alla prova sia le capacità del comando che quelle dei marinai.
Le navi ammiraglie di entrambe le flotte, la Victory con l'Ammiraglio Nelson, il Bucentaure con l'Ammiraglio francese Villeneuve e l'eccezionale Santissima Trinidad con al comando lo spagnolo don Vincente, a sua volta subordinato al comando dell'Ammiraglio Gravina, erano vere e proprie macchine da guerra.
L'equipaggio di ognuna di queste navi era formato mediamente da circa 850 effettivi.
La francese Bucentaure e  l'inglese Victory erano scafi a tre ponti, ovvero attrezzate con tre  file di cannoni disposti a ponti diversi sovrapposti tra loro,per ognuna  delle due fiancate.
La spagnola Santissima Trinidad era un eccezionale bastimento, addirittura a quattro ponti.

L'ammiraglia francese era armata da 80 cannoni, l'inglese da 101 e la spagnola da ben 136.
Potevano sparare anche con cannoni da 42 libbre, ovvero con palle da oltre 19 chili.
Erano navi dal dislocamento sino a 3.225 tonnellate,  come la Victory, la quale era stata ulteriormente attrezzata con un  rivestimento in rame da 17 tonnellate per la parte immersa della  chiglia.
A Trafalgar si scontrarono la flotta britannica, composta da 33 navi, per un totale di ben 2.313 cannoni, di cui effettivamente impiegate nello scontro 26.
La coalizione franco spagnola impiegò nello scontro 33 navi effettive, per un armamento totale di 2.579 cannoni.
La Victory poteva essere definita la prima corazzata moderna.
La flotta francese era ben armata, ma impressionante era la potenza di fuoco di quella spagnola.
Infatti con solo le tre navi più grandi, l'ammiraglia Santissima Trinidad, la Sant'Ana e la Principe de Asturias, la flotta spagnola raggiungeva 374 cannoni.
Le sei navi della flotta britannica meno dotate sotto il profilo degli armamenti disponevano complessivamente di soli 164 cannoni, con pezzi dalla potenza enormemente inferiore al nemico.
Nelson si accinse ad iniziare l'azione di guerra navale a Trafalgar pronunciando la frase che ancor oggi è celebre:
"L'Inghilterra si aspetta che ognuno faccia il proprio dovere"

ed ordinando di alzare la relativa bandiera recante il segnale "England expects", ovvero
"England Expects that Every Man will do his Duty".
Lo scontro avvenne contro le regole di ingaggio sino a quel momento utilizzate per la guerra navale.
Nelson  si accordò con i propri ufficiali a bordo delle altre navi, ed attaccò  la coalizione franco spagnola con una parte delle proprie navi al centro  della stessa linea nemica, e con l'altra verso la seconda metà della  linea interrotta perché attraversata obliquamente.
La colonna di navi che attraversò  obliquamente la linea nemica, offrì al nemico la debole parte prodiera  delle proprie navi, ma poté cannoneggiare violentemente prima la parte  sinistra della linea, quindi poco dopo quella destra.
Questa tattica, assolutamente  innovativa, di attacco a metà o meglio a fine colonna nemica, viene  ancora oggi insegnata e riproposta con minimi aggiornamenti nelle  Accademie militari come tecnica per un efficace ed il più delle volte  risolutivo attacco al nemico.
È definita "Nelson touch", il tocco di Nelson.
Le navi britanniche puntarono il  nemico forzando l'attraversamento delle sue linee, forti della  convinzione, poi confermata dagli accadimenti, che nella confusione che  sarebbe seguita solo chi disponeva di superbe capacità marinare, nonché  precisione e potenza di fuoco, poteva avere la meglio nello scontro  estremamente ravvicinato.
Le prime navi  nemiche sulle quali si accentrarono le bordate britanniche furono la  spagnola Sant'Ana, che a causa delle cannonate della velocissima Royal Sovereign  patì oltre 400 tra morti e feriti, quindi l'ammiraglia francese  Bucentaure che contò subito una cinquantina di perdite per mano della  Victory.
La Victory concentrò inoltre il proprio fuoco sulla Bucentaure, ed in un tempo estremamente breve gli sparò contro ben cinque bordate di cannoni.
In seguito, gli ufficiali francesi sopravvissuti, dichiararono che in quel momento l'ammiraglia francese cessò di essere una efficiente macchina da guerra.
Le navi spagnole, dotate di armamenti preponderanti, erano comunque mal governate e asservite alle bocche di fuoco da granatieri con scarsa esperienza di tiro da bastimenti.
Alcuni di questi in precedenza non avevano mai aperto il fuoco da una nave.
Al contrario i britannici vantavano un'abilità straordinaria.
Nell'attacco della Victory, impegnata con la Bucentaure, almeno sette delle navi di scorta dell'ammiraglia francese le aprirono contro il fuoco dei propri cannoni.
La Redoutable al centro, tra la Temeraire a sinistra e la HMS Victory a destra
Proprio in questa situazione critica l'Ammiraglio Nelson fu colpito a morte da un colpo di fucile.
L'usanza del tempo, che prevedeva situazioni come questa, suggeriva al quadro ufficiali di vestire con abiti poco appariscenti, che non denotassero il ruolo di comando rivestito, e di evitare di calzare il caratteristico cappello da graduati, nonché di indossare indumenti che avrebbero favorito l'azione dei medici ed infermieri di bordo in caso di ferimento.
Nelson, come è facile immaginare, era uso contravvenire a tutte queste regole dettate dal buon senso e dalla strategia, a favore del rispetto di una tradizione assoluta e ferrea che albergava nel suo cuore, ma che gli costò la vita.
È consuetudine riportare che la fucilata colpevole di avere ferito a morte l'Ammiraglio Nelson fu esplosa da un ufficiale della Redoutable, la nave incastrata con la Victory, che ebbe buon gioco a mirare all'unico ufficiale, tra l'altro privo di un braccio, vestito con abiti di alto grado, luccicante dalle decorazioni appuntate, e che calzava il classico cappello di ufficiale al comando, che nel caso di Nelson addirittura veniva portato in posizione esattamente contraria da tutti gli altri, rendendolo ancor più identificabile proprio per Nelson stesso.
Credere sia stato un ufficiale francese, o più probabilmente uno dei numerosi fucilieri a bordo di ogni nave, non cambia la realtà dei fatti.
Ferito a morte da una pallottola che gli spezzò in due la colonna vertebrale, Nelson venne condotto sottocoperta in stato di incoscienza.
Si risvegliò solo più di due ore dopo, e saputo di aver vinto la battaglia dalle parole del Capitano Hardy, pronunciò la frase:  "ho compiuto il mio dovere, ringrazio Dio per questo".
Dopodiché si spense di lì a qualche minuto.
Le perdite britanniche furono di circa 400 morti e meno di 1.500 feriti, e nessuna nave.
La coalizione franco spagnola patì oltre 7.000 caduti ed altrettanti feriti, e perse 23 delle 33 navi che aveva all'inizio dello scontro.
Nelson pagò a caro prezzo, quello della propria vita, l'attuazione di quella strategia vincente.
L'Ammiragliato britannico in seguito alla battaglia di Trafalgar sconsigliò ai propri bastimenti di ripetere in condizioni analoghe le manovre di Nelson, in quanto riteneva che nessun ufficiale fosse in grado di poterle portare a compimento con successo.
L'articolo è stato scritto da Luciano nel mese di Gennaio 2010, e pubblicato in questo sito Web il giorno 26 dello stesso mese.
E' stato revisionato nel layout grafico per la pubblicazione attuale il 17 Marzo 2019.

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